
Si tratta di uno dei fenomeni più affascinanti degli ultimi anni nella vendita online perché fa risparmiare, offre vantaggi per i merchant e si allinea ai piani di intervento sull’economia circolare: oggi vedremo quali sono le norme sul recommerce, ossia cosa prevede la normativa recommerce per la vendita di prodotti usati o rigenerati.
Dopo il boom di iniziative come Zalando Second Hand, Seconda mano di Ikea, Nolhtaced (il reverse shopping di Decathlon) e il lancio della piattaforma Vinted, sono sempre di più gli imprenditori interessati all’apertura di un ecommerce di prodotti usati.
La vendita di prodotti usati o ricondizionati, tuttavia, non è affatto un fenomeno recente, ma ha una lunga storia fatta di mercatini, articoli vintage e collezionismo. Ciò che risulta estremamente nuovo è il mezzo che si utilizza per finalizzare lo scambio: con il recommerce si passa alla vendita organizzata di prodotti usati su internet.
Nella pratica, il recommerce funziona in maniera molto simile all’ecommerce classico che commercializza beni. Il professionista e il consumatore (o un altro professionista) effettuano uno scambio attraverso le reti informatiche. Nasce come scambio tra consumatori, nell’ambito di una piattaforma marketplace.
Oltre a essere un’opportunità di business concreta, la rivendita online di beni usati si allinea perfettamente al Green Deal europeo, il piano d’azione per l’economia circolare proposto dall’Unione Europea. Le misure contenute nel piano hanno l’obiettivo di modificare l’economia in direzione più green, attuando delle modifiche sostanziali al modo di consumare e produrre. In particolare, tra le azioni previste, c’è la riduzione dei rifiuti (si pensi anche alla Normativa RAEE sui rifiuti inquinanti e alla normativa EPR sulla gestione degli imballaggi e lo smaltimento dei rifiuti), attraverso la produzione di beni più durevoli, l’aumento di prodotti riciclati o riutilizzabili.
Ma cosa prevede la normativa recommerce? Come si fa ad avere un ecommerce di prodotti usati a norma?
Vediamolo insieme!
| Cos’è il Recommerce
Il re-commerce è la vendita online di prodotti usati o ricondizionati da parte di un professionista. Fino a qualche anno fa, la rivendita di prodotti di seconda mano era appannaggio dei privati, ma da qualche anno sta diventando un vero e proprio business, abbracciato anche da aziende come Decathlon, H&M e Levi’s. Complice la rinnovata sensibilità a temi come la tutela dell’ambiente, la salvaguardia del pianeta, la riduzione della quantità di rifiuti prodotti e, perché no? il risparmio, i consumatori sono sempre più propensi alla scelta di questi prodotti.
Dunque, sostenibilità e risparmio sono i concetti chiave di quello che viene anche definito ri-commercio, in cui il venditore propone merce in buone condizioni, rinnovata, ricondizionata, riparata o ricaricata.
| Come funziona il recommerce: il business model
Dare una seconda vita agli oggetti è alla base del recommerce, che si inserisce nel ciclo di vita del prodotto laddove questo andrebbe ad interrompersi. In pratica, quando un prodotto viene acquistato da qualcuno, utilizzato e, infine, gettato via, esaurisce il proprio ciclo di vita. Ciò che si propone di fare il recommerce è rivendere la merce anziché buttarla, cioè dare una nuova vita al prodotto allungando il suo ciclo di vita e la sua permanenza sul mercato.
Per quanto riguarda la normativa recommerce, ciò che ci interessa è capire il ruolo del venditore. In linea di massima, anche nel recommerce, il merchant si procura un prodotto e lo distribuisce, proprio come avviene nell’ecommerce tradizionale.
La vendita, quindi, è sempre B2C o B2B ma, a differenza del modello tradizionale basato su produzione/acquisto, vendita e consumo, nel recommerce la produzione viene sostituita dalle fasi di riciclo o raccolta dei beni, a cui seguono la selezione e il ricondizionamento. Dopodiché, si prosegue con gli step dell’ecommerce tradizionale, ovvero vendita e consumo. Quindi lo schema è:
- riciclo/raccolta beni;
- selezione;
- ricondizionamento;
- vendita;
- consumo/uso.
La descrizione del business model evidenzia che il ruolo del venditore rimane il medesimo e, dunque, non ci sono differenze sostanziali nella normativa recommerce rispetto alla norme relative all’ecommerce tradizionale.
Nonostante ciò, è essenziali soffermarsi su alcuni aspetti come la garanzia, le spese di consegna e restituzione, il diritto di recesso e il reso.
| Perché rispettare la normativa recommerce: i vantaggi di vendere prodotti usati a norma
Considerato tra i trend ecommerce 2023, il recommerce è un business che offre moltissimi vantaggi, non solo di natura economica ma anche etica. E questo, chiaramente, porta enormi benefici anche a livello di immagine.
Ecco brevemente i vantaggi del recommerce:
- il cliente può risparmiare cifre notevoli rispetto all’ac quisto di prodotti nuovi;
- aumentano i margini di guadagno del venditore:
- si tratta di un modello di business più sostenibile per l’ambiente poiché non impatta sulla produzione;
- si riducono i prodotti destinati alla discarica;
- coinvolge un pubblico attento alle tematiche green;
- si rispettano i principi dell’economia circolare;
- attualmente, le aziende che fanno recommerce stanno aumentando il proprio fatturato;
- si estende il ciclo di vita dei prodotti;
- i brand aumentano la fiducia e la fedeltà dei propri clienti;
- le aziende che fanno recommerce vengono considerate più affidabili.
Nonostante ci siano vantaggi evidenti, bisogna sempre essere in regola con la normativa ecommerce per non mettere a repentaglio il proprio lavoro a causa di inadempimenti o questioni legali.
Nel recommerce, infatti, oltre agli adempimenti legali classici, come quelli inerenti ai cookie, ai termini e condizioni d’uso e alla privacy, è necessario rispondere a domande ben precise, relative alle spese di spedizione, alla garanzia legale e a quella di conformità, alle tempistiche per il diritto di recesso.
Quando la normativa recommerce non viene rispettata, infatti, viene a mancare il principio base di quello che è il rapporto di vendita tra azienda e consumatore, ossia la fiducia e, di conseguenza, scende il numero dei clienti e il fatturato.
| Cosa prevede la normativa recommerce sulla vendita di prodotti usati
A questo punto è chiaro che aprire un recommerce per la vendita di prodotti usati su internet è un’idea di successo. Ma cosa prevede la normativa sul recommerce?
Innanzitutto c’è da precisare che quando parliamo di recommerce non facciamo riferimento ad uno scambio tra privati, ma ad una transazione gestita da un professionista. Per cui valgono gli stessi obblighi di un ecommerce di beni e servizi nuovi, ossia:
- informativa privacy e cookie per il sito recommerce;
- termini e condizioni per la vendita di prodotti usati o ricondizionati;
- scheda prodotto con le caratteristiche del bene usato;
- email di conferma dell’ordine sul sito recommerce.
Ci sono anche aspetti su cui è necessario soffermarsi, che riguardano la garanzia, il diritto di recesso e le spese di spedizione. Analizziamoli nel dettaglio.
| La garanzia è prevista dalla normativa recommerce per la vendita di beni usati?
Sebbene si tratti di prodotti usati o ricondizionati, anche nel recommerce i prodotti devono presentare la garanzia del venditore. Quindi il professionista è responsabile dei vizi di conformità che si manifestino entro 24 mesi dalla consegna e di cui non abbia precedentemente informato il cliente.
In accordo con l’acquirente, la garanzia di conformità può essere ridotta a 12 mesi.
La garanzia legale non è dovuta se:
- al momento della conclusione del contratto di vendita, il consumatore conosceva il difetto della cosa e l’ha comunque acquistata
- se il difetto era talmente evidente da non poterlo ignorare, a meno che il venditore abbia dichiarato che la cosa era esente da vizi.
Per cui, è essenziale che il prodotto corrisponda alla descrizione e che il consumatore sia messo a conoscenza di eventuali vizi del prodotto prima della conclusione dell’acquisto.
| Il diritto di recesso è valido nel recommerce?
Esattamente come nell’ecommerce, la normativa recommerce prevede il diritto di recesso nella compravendita di beni usati tra un professionista e un cliente.
L’acquirente, dunque, può recedere dal contratto entro 14 giorni solari dalla consegna dei prodotti fisici ed effettuare il reso al merchant.
| Cosa dice la normativa recommerce sulle spese di spedizione e di restituzione?
Nella vendita di beni usati, le spese di spedizione sono a carico del cliente, a meno che il venditore decida di offrirle in modo gratuito.
In caso di recesso, le spese di spedizione sostenute dal consumatore vanno comunque rimborsate.
Mentre, il consumatore dovrà farsi carico delle spese di restituzione in ogni caso, eccetto nei casi in cui il venditore non abbia deciso di sostenerle o non abbia informato il cliente che l’onere della restituzione spetta a lui.

| Come possiamo aiutarti ad avviare un ecommerce di prodotti usati a norma
La vendita online di beni usati è un trend da percorrere perché ha tutta una serie di requisiti validi per il successo: è redditizio, ecosostenibile e piace ai clienti.
Tuttavia, non bisogna assolutamente confondere la compravendita di merce usata tra privati con la vendita professionale. La commercializzazione di prodotti usati online, infatti, deve essere conforme alla normativa recommerce, ossia deve rispettare le norme generali sul commercio elettronico e quelle previste per la vendita di prodotti usati.
Vuoi sfruttare i vantaggi dell’economia circolare a tuo favore? Contattaci per una consulenza, ti spiegheremo come avviare un business di successo dando una nuova vita agli oggetti usati.
Floriana Capone