Il diritto di recesso nell’ecommerce: cos’è e come funziona

diritto di recesso online

Di recente, un ecommerce di prodotti di elettronica è stato sanzionato con una multa da centinaia di migliaia di euro per non aver riconosciuto il diritto di recesso ai suoi acquirenti.

Non riconoscere al tuo acquirente il diritto di recesso o non fornire le giuste informazioni al riguardo integra una ‘pratica commerciale scorretta’ e, in quanto tale, può essere punita con pesanti sanzioni, in grado di compromettere seriamente il tuo business. 

Con questa guida in cui ti spiegherò cos’è il diritto di recesso e come funziona, per rendere il tuo un ecommerce legale anche sotto questo profilo.

| 1. CHE COS’È IL DIRITTO DI RECESSO?

Il diritto di recesso (o “di ripensamento”) è quello riconosciuto al consumatore, dagli artt. 52 e seguenti del Codice del Consumo (D.Lgs. n. 206/2005), di disporre di un periodo di 14 giorni per recedere da un contratto, senza dover fornire alcuna motivazione, restituendo il bene ed ottenere il rimborso di quanto pagato.

Il periodo di 14 giorni decorre

  • nel caso di contratto di servizi (per es. servizio di ‘streaming’), dal giorno della conclusione del contratto
  • nel caso di contratto di vendita di beni, dal giorno in cui il consumatore (od un terzo da lui delegato, ad es. un familiare, il portiere ecc.) è entrato materialmente nel possesso del bene acquistato.
| 2. COME FUNZIONA IL DIRITTO DI RECESSO: È SEMPRE OBBLIGATORIO?

Il diritto di recesso è sempre obbligatorio, salvo qualche eccezione.

Innanzitutto, questo riguarda solo il “consumatore”, inteso come “persona fisica che agisce per scopi estranei all’attività imprenditoriale, commerciale, artigianale o professionale eventualmente svolta” (art. 3, lett. A, D.Lgs. 206/2005). 

Quindi, nel caso in cui l’acquirente sia un professionistaperché,ad esempio, ha comunicato la sua partita iva richiedendo la fattura,  non può considerarsi ‘consumatore’. Di conseguenza, non è obbligatorio che gli venga riconosciuto il diritto di recesso. Tuttavia, nessuno ti vieta che tu possa riconoscerglielo.  

Poi, l’art. 59 del Codice del Consumo elenca altri casi in cui il diritto di recesso è escluso. Tra questi, i più comuni sono:

  1. beni confezionati su misura o chiaramente personalizzati (es. vendita di abiti confezionati);
  2. beni che rischiano di deteriorarsi o scadere rapidamente (es. vendita di beni alimentari deperibili);
  3. beni sigillati che non si prestano ad essere restituiti per motivi igienici o connessi alla protezione della salute e sono stati aperti dopo la consegna (es. vendita di farmaco da banco, dopo che è stata aperta la confezione). 

Sul punto n. 2beni che rischiano di deteriorarsi” – si considerano tali i beni che deperiscono entro il termine dei 14 giorni (es. frutta, verdura, latte, carne ecc.). In questi casi, il merchant deve verificare di volta in volta, sulla base di questo criterio, i prodotti dei quali riconoscere il diritto di recesso o meno. 

Ad esempio, il caffé (pensiamo alla vendita delle cialde) non può essere considerato un bene che rischia di deteriorarsi in questo breve termine. Quindi deve essere riconosciuto il diritto di recesso. 

| 3. QUALI SONO GLI OBBLIGHI INFORMATIVI SUL DIRITTO DI RECESSO?

L’ecommerce deve contenere determinate informazioni per essere ‘a norma’. Tra quelle obbligatorie vi rientrano sicuramente le informazioni sul diritto di recesso che devono essere facilmente fruibili dal consumatore e devono essere inserite nella scheda prodotto, nella mail di conferma dell’ordine, nelle Condizioni Generali di Vendita.

Tali informazioni devono rispondere ad una serie di domande, tra cui: il diritto di recesso è riconosciuto per il prodotto in vendita? A quali condizioni? Entro quali termini? Con quale procedura? Metti a disposizione una scheda modulo da compilare per esercitarlo?

Nei casi in cui il diritto di recesso non è riconosciuto, il merchant deve comunicarlo al consumatore.

ATTENZIONE! Abbiamo detto che è un diritto riconosciuto dalla legge. Non pubblicizzarlo come se fosse una sorta di favore: Ciao! vieni da noi che ti riconosciamo il diritto di recesso dello smartphone!” Anche questa è una ‘pratica commerciale ingannevole’, ed in quanto tale, passibile di salatissime sanzioni!

Inoltre, secondo l’art. 53 del Codice del Consumo, non adempiere all’obbligo informativo riguardante la sussistenza, le condizioni, i termini e le procedure del diritto di recesso, comporta che il periodo di recesso termina ben dodici mesi dopo la fine degli iniziali 14 giorni.

| 4. COME DEVE ESSERE ESERCITATO IL DIRITTO DI RECESSO?

Prima della scadenza del periodo di 14 giorni, il consumatore deve informare della sua decisione di esercitare il diritto di recesso, utilizzando un modello eventualmente messo a disposizione, oppure presentando una dichiarazione a tal fine, anche via mail. 

L’ ecommerce deve comunicare la conferma del ricevimento della richiesta.

| 5. CHI PAGA LE SPESE DI SPEDIZIONE ORIGINARIAMENTE SOSTENUTE DAL CONSUMATORE?

L’ ecommerce, oltre a rimborsare il pagamento ricevuto, deve restituire anche le spese di spedizione, entro il termine di 14 giorni dal giorno in cui è stato informato del recesso. 

Il rimborso deve avvenire con lo stesso mezzo di pagamento utilizzato per l’acquisto.

| 6. CHI PAGA LE SPESE DI RESTITUZIONE IN CASO DI RECESSO?

Il consumatore deve sostenere il costo diretto della restituzione dei beni, a meno che il venditore: 

  • non abbia concordato di sostenerlo; 
  • abbia omesso di informare il consumatore che tale costo è a suo carico; 
  • si tratta di beni che non possono essere spediti per posta.

In questi casi è il venditore che deve sostenere il costo della restituzione

Quindi, ATTENZIONE!

| 7. CHE DIFFERENZA C’È TRA IL RECESSO ED IL RESO?

Il diritto di recesso non deve essere confuso con il resoIl recesso, lo abbiamo visto, è previsto dalla legge come obbligatorio nei casi in cui non è espressamente escluso. 

Il reso, invece, è la facoltà del venditore di riconoscere al proprio acquirente la possibilità di rendere il prodotto acquistato che non lo soddisfi, come politica commerciale per incentivare gli acquisti online. 

Rientrando nelle facoltà del venditore, è lui a scegliere se riconoscere il reso, su quali articoli ed a quali condizioni.

Ad esempio, Amazon prevede un termine di 30 giorni per il reso, mentre Zalando ne prevede addirittura 100 di giorni. Per entrambi, per richiedere il reso dell’articolo è prevista una procedura online che ti permette di compilare un modulo ed ottenere un’etichetta che servirà per la restituzione.

Attenzione a non confondere il recesso con il reso, anche nelle informazioni fornite. 

Chiamare ‘recesso’ la facoltà di ‘reso’ costituisce una pratica commerciale scorretta ed in quanto tale passibile di sanzioni!

Credo di averti fornito una buona infarinatura sull’argomento. Se però vuoi avere una consulenza personalizzata anche nella stesura delle condizioni di recesso, contatta l’Avvocato dell’Ecommerce utilizzando il modulo contatti.

Floriana Capone
L’Avvocato dell’Ecommerce
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